Critica Anno 1989 |
BIENNALE DEL TIGULLIO
La Biennale del Tigullio, anche in questa sua nona edizione, si presenta come ricapitolazione e sintesi di una serie di incontri e di proposte visive presentate nell'ambito delle manifestazioni sammargheritesi realizzate in questi ultimi due anni. Si tratta dunque di un filtro nel quale si ricompongono, come in un ideale caleidoscopio, frammenti di colore, segni, prove e verifiche in un'immagine unica e corale che armonizza la liricità del paesaggio di Viale col mistico espressionismo di Diotalevi, l'esotica visione paesistica di Marina col bucolico racconto della Vaccari, il neoclassicismo di Pettinà e di Cotti col romantico amore della natura di Vassena e della Lastri, il surreale di Christillin che nelle fantasie di colori unisce l'ieri al domani, con l'ordinata geometria di Salvi che ordina i piani sul dettato di toni dalle dolci armonie: in un audace confronto col mondo dalle forti impressioni della Masone Beltrame o con quello delle turbolenze coloristiche di Roncelli. Frammenti dunque che ricompongono serene atmosfere con Pesco e Panaiotti, oppure che si traducono in espressioni raccordate ed esaltate dal segno in Pettinati e Platinetti, o ancora si trasferiscono nel dettaglio di un racconto movimentato della Traxino, o in quello carico di sapori grotziani di Luchini o in quello naturalista e strettamente legato al gusto dell'immagine della Porcile per finire nel miraggio che è poi speranza di Jiosiane Vaccari. Un mosaico meraviglioso quindi, se si tiene conto del fatto che la cornice che chiude, rafforza e convince è ancor fatta da Cascella con la vitalità del colore, da Paulucci con quel fauvisme che ringiovanisce nell'immagine la vivacità d'inesauribili esperienze, e da Nespolo che forse del mosaico, di cui spesso abbiamo parlato, dà in convito sapore, e dell'insieme della mostra diviene il sigillo. Alfieri, Piana, Porro, Covra, Patrizi e Garibotti di questo mobilissimo mosaico costituiscono gli accenti, i suggerimenti, i collegamenti che esaltano la coralità in un solo segnale comunicativo. Vincenzo Gubitosi, febbraio 1989
Casolare (1989), Olio su tela, cm 30 x 40 Nel caso di Giuseppe Pesco si deve parlare più che di forma pittorica, di armonia, di musica. Egli sembra compiere il miracolo di trasformare le materie usate per l'opera, nell'intima essenza dello stesso oggetto trasformato a soggetto, rappresentandone la luce esteriore ed interiore, la dimensione spaziale, la dinamica, la poesia, la vita. Egli riesce così a rendere perfettamente il senso della trasparenza, come pure il movimento della composizione che quasi in un gioco di specchi frantuma la luce naturale facendola così giungere anche in profondità. E nel suo modo di utilizzare i piani prospettici, nella morbidezza delle linee, nel ritmo compositivo, nell'accorta luminosità, ma soprattutto nell'armonia cromatica possiamo scorgere la sua ricerca del punto di fusione tra pittura e musica. Paolo A. Di Martino
Diese artisti in dialeto dalla Ettora Arman in Via Manzoni presentati venerdì 7 dicembre dalla redazione dell'unica rivista dialettale Quattro Ciacoe, e sono: Anselmi, Bettis, Biadene, Cenzolo, Favotto, Ferrante, Pesco, Rinaldo, Sorzè, Viola. Giorgio Fantin, Diese artisti in Dialeto, Sportrevigiano, 30 Ottobre 1989
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