ARTE
di Vittoria Magno
Il Gazzettino, Treviso, Mercoledì 22 gennaio 2003
"GIUSEPPE
PESCO, ACQUERELLI"
Delicatezza e immediatezza della
pennellata unite ad una poetica interpretazione della realtà
attraverso una particolare gestione di una lieve e insieme
vivace tavolozza. Così gli acquerelli di Giuseppe Pesco a Ca
dei Ricchi fino al 28 gennaio. Opere che trasformano e impreziosiscono
ricordi non tanto di un paesaggio, di una natura morta, di un angolo
cittadino, quanto delle emozioni che gli stessi hanno suscitato nellautore.
Segnature di una lingua, che come afferma il prof. Luigi Pianca
nella presentazione della mostra trovano nellocchio vigile
e nella mano fantasiosa di Giuseppe Pesco, i colori della rappresentazione
da parte di un artista che ha subito il fascino dellispirazione
della terra veneta.
Delicatezza e immediatezza non
basterebbero a giustificare quelle sensazioni di poesia e di musicali
vibrazioni che emanano dalla pittura del Pesco se i suoi acquerelli
fossero generati solamente dalla perizia
tecnica nel manovrare il colore alternando trasparenti lievità
a soffuse policromie, ricami di invisibili segnature a preziose
amalgame tonali. Vi è infatti nelle sue opere qualcosa che supera
il senso formale della realtà, un qualcosa di indefinibile generato
dalla scelta stessa dei soggetti.
Chiostro
di San Francesco (maggio 2003)
Personale di Giuseppe Pesco
La serena poesia pittorica di Giuseppe Pesco percorre
infine altri itinerari, coerenti del resto con lacquerello che
lartista ha scelto di usare in queste opere esposte.
Certo è che la suggestione e lo slancio della
sua pacata e soffusa esperienza dellimmediato sensibile e dellevocativo
spirito che lo anima e lo abbraccia ci emozionano e ci seducono con
la purezza e con lincantesimo di atmosfere luminose, di fresche
acque e di affettuose impronte umane, tutte infine incontaminate e universali.
Lespressione di misura, di respiro, di sapienza
formali, di cordiale umanesimo attingono a qualità e ad intensità
di contemplazione e di riappropriazione intima che ci riconciliano con
il nostro destino e con la platea che ci sta intorno senza più
ostili assedi. Larte dunque intesa come traguardo di classico
sollievo e di commosso afflato alla nostra vicenda.
Floriano Graziati
"Lo
scacco al colore è lo sfumato"
Oh! La nuance, seule fiance
Le rêve au rêve et la flûte au cor ...
Oh! La sfumatura sola fidanza
il sogno al sogno e il flauto al corno ...
Questo suggestivo distico di Paul Verlaine sembra accordarsi
in maniera calzante allacquerello di Giuseppe Pesco, collega e
amico, tanto attivo, ordinato ed esatto nel gioco degli scacchi, quanto
fantasioso, vago ed indeterminato nellarte del colore. Tanté
che propongo un titolo alla vernice di questa felice esposizione: Lo
scacco al colore é lo sfumato; un titolo che vuole
accogliere entrambi i versanti di una personalità in progress
per le continue conquiste espressive.
Facendo una carrellata dei quadri qui esposti, si può
osservare e notare subito che il colore non è mai caricato, ma
appena spalmato, appoggiato sulla carta, nella levità del tocco,
sicché i vari interventi cromatici si sposano fra loro, anzi
si fidanzano, onde creare impressioni, suggerire emozioni più
che definire situazioni, luoghi o paesaggi, dandoci il senso dellindefinito,
di una realtà corposa e definita come quella del mondo che ci
circonda.
Guardando più attentamente le nature morte,
gli alberi, le siepi, le vecchie case, i campanili e le chiese, i giardini
con le loro panchine solitarie, gli scorci del paesaggio fluviale o
cittadino, potremmo in ogni opera fissare un titolo e certo lautore
lo ha per ogni quadro. E tuttavia il titolo appare secondario, in quanto
ogni dato figurativo in verità è percepibile in un altrove
che è il luogo della fantasia, costruito a partire dalla realtà,
ma trasfigurato dalla sensibilità e dal tocco di uno che ha interiorizzato
quella realtà, ma trasfigurato dalla sensibilità e dal
tocco di uno che ha interiorizzato quella realtà e ce la ripropone
in modo autonomo e sognante.
Quel San Niccolò, inaugurato
distinto in una luce vibrante di tutti i colori dei tramonti nostrani;
ribadiamo inaugurato, perché, in questo caso, lacquerello
ci propone una realtà mille volte ammirata, ma qui fissata in
unemozione coloristica unica e nuova, è immerso in unatmosfera
fascinosa. E che dire di quelle Panchine silenziose e solitarie sotto
la neve. La parola sembra soffocata da quello strato senza colore, ma
una voce ci perviene soffusa dal paesaggio circostante che canta sommesso
e segreto nei toni sfumati dei marroni, dei violetti o dei blu.
Le stesse tonalità le ritroviamo nei vari quadri
sulla neve: Neve in Pescheria, Neve a Cortina, Prima
neve; e nei diversi acquerelli dedicati a luoghi particolari, come
quello del Ponte San Francesco, dei Buranelli e di Porta
Santi Quaranta, in cui siamo spinti a riscoprire angoli suggestivi
della nostra città. Ancora una volta, limpressione è
vissuta dallartista in un momento e in uno stato danimo
che non coincidono con il nostro modo di vedere il luogo.
Questa diversità interpretativa arricchisce il visitatore della
mostra, proponendogli una nuova lettura del sito attraverso il quadro.
Nei diversi acquerelli che ci propongono vecchi casolari
in rovina nella campagna trevigiana, citati con il nome di rustici,
ci colpisce lattenzione dellartista per questi siti o manufatti
decadenti e sperduti nella campagna. Molto spesso essi sono invasi da
rovi o da cespugli, ma quando è il momento della fioritura sembrano
rinascere come piante vive. E in questa situazione che il pittore
li coglie nel loro momento più vivo e rigoglioso; oppure quando
lautunno li immerge in una varietà di gialli, rossi e marrone
che sembrano ripetere i colori delle pietre scrostate.
Da quanto detto possiamo definire lamico Pesco,
il poeta delle impressioni, colui cioè che vuole fissare lattimo
fuggente in cui la luce si fa carne nel colore, traducendo in immagini
le percezioni dellocchio, grazie alla prontezza esecutiva della
mano. Così la tonalità sfuocata costituisce la specificità
dei quadri, dove il valore della nuance sulla campitura, del semitono
o del bemolle vago e indistinto sul tratto definito, ti comunicano la
suggestione dellindefinito, per trasmetterci quel non-so-che di
incerto, di indeciso e sognante che, in fondo, è la caratteristica
di tutto ciò che cade sotto i nostri occhi.
Infatti, soltanto dopo un forte temporale estivo, noi
abbiamo la percezione dei contorni netti delle cose, la veduta limpida
dei paesaggi; mentre quasi sempre e quotidianamente viviamo immersi
in una vista abbagliata, in pieno sole, o annebbiata della realtà
immersa nel grigiore dellatmosfera, a seconda delle stagioni.
Questo aspetto è colto e volutamente caricato dallautore
per comunicarci il suo modo di vedere e di interpretare il mondo e le
cose.
Luigi Pianca
Treviso, Ca' dei Ricchi, 18 gennaio 2003
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