"Giuseppe
Pesco, un senso della vita e della natura per usare lo spazio come zona
di contemplazione"
di Luigina Bortolatto
Tutto inizia con il blot teorizzato da Alexander
Cozens a metà del Settecento. La macchia casuale assume vigore
negli acquerelli del figlio John Robert che, nei dipinti della campagna
romana con ricerca di effetti atmosferici uniti a qualità poetiche
ed educative, influenza il mondo dinamico, fantastico e splendente
di Turner. Assieme al conterraneo Bonington, Turner soggiorna a Napoli
e nel gruppo degli artisti della Scuola di Posillipo induce Giacinto
Gigante a iniziare uninterpretazione lirica del paesaggio grazie
ad una particolare luminosità dei toni ottenuta con luso
dellacquerello.
Premessa inevitabile davanti
ai pigmenti colorati, temperati con gomma e solubili nellacqua
che originano le velature, le gradazioni di toni del colore, sgocciolato
e seccato senza pentimenti, di Giuseppe Pesco. Tecnica che lo ha incitato
ad analizzare la continuità tra segno grafico e colore procedendo
per addizione. Lartista non cerca di rappresentare proporzioni,
organizzazione, struttura: fa sue le notazioni di Barthes il segno
frammento, la forma totalità.
Nato a Vittoria, città
fondata dalla poetessa Vittoria Colonna, della sua terra ricca di messi
e di viti conserva la dissoluzione delloggettività naturale
sotto la corposità della luce esaltata in vibrazioni colorate.
Del suo cielo conserva il colore e lo spazio. Quei cieli immensi dei
conterranei Cilia e Guccione sostituiti da unoriginale emotività
espressiva esaltata dal colore lagunare luminosissimo, si mescolano
a interessi per la visione emotiva di Kandinsky, per le ragioni psichiche
e plastiche di Chagall, per la fusione tra dettagli reali e astrazioni
di Mirò, per i significati dei segni magici e delle zone cromatiche
di Klee. Si affida a un automatismo più normale che trasgressivo
congiunto alla singolarità e vitalità dei segni.
Anglista per scelta e professione,
da studioso, mentre considera la letteratura una disciplina che ha un
suo sistema, non trascura il momento strumentale della pagina scritta.
I testi letterari e gli acquerelli sono sistemi di relazioni più
interessanti dellessenza degli oggetti. Se come scrittore oggi
usa il computer tuttavia testo pittorico e letterario possono coesistere.
Su queste premesse intendo analizzare
lattività artistica di Pesco. Tecnica e immagine si fondono
nella sillabazione della sua parola poetica. I suoi paesaggi, vedute
o scorci di Venezia, di Treviso, del Sile e altro si fanno incisivi
quando a indicarli sono particolari momenti dello scorrere della luce
(Notte riflessa, Notte sul mare, Notte). Si tratta di visioni libere
e sintetiche dove la composizione è quasi speculare sul filo
dellorizzonte. Le masse (delle case, degli alberi?) si pongono
come trait dunion tra cielo e terra illuminate da baluginante
luce rossastra. Conflitto esistenziale tra luce e tenebra, tra bene
e male?
Una lieve ansietà di origine
romantica ma pure di decadentismo letterario si manifesta quando la
contemplazione di aspetti suggestivi (La panchina, Baita, Alberi fuori
le mura) per rappresentare incanti, si fa attesa di enigmi in unatmosfera
assorta. A volte lo scenario grandioso si unifica. Una spazialità
solenne dilaga e trascorre oltre i piani orizzontali per disgregarsi
nellaria di madreperla rosata (Sile verso il mare) o di peltro
lumeggiato (Venezia).
Quando le pareti vegetali si
specchiano nellacqua per evidenziarne lessenza (Nebbia al
mattino, Tramonto, Fuori le mura) un fermento di colori, che si mescolano
svariando in toni, forniscono la misura dellautentico respiro
poetico dellautore.
Decorativismo o stilizzazione
sensuosa non rientrano nelle esperienze vissute da Pesco, convinto dei
loro impliciti limiti. Ogni volta che il ferma immagine lo sollecita
(Primavera a Budapest, Delfini, Al mercato) Pesco sfrutta realtà
e ricordo in composizioni che hanno connessioni dirette tra forma pittorica
e forma naturale. Una voluta ambiguità riflette il tentativo
di conciliare la rappresentazione della forma nello spazio con le verità
percettive dellocchio. Figure della pittura più dense si
sovrappongono ad uno sfondo tenue e atmosferico. Il contrasto è
intensificato con il passaggio da una tavolozza brillante, salmone,
mandarino, zafferano ai più smorzati azzurri, gialli e versi,
fusi in sottile armonia.
Silenzio tra i monti, Fondali
marini, Dentro al mare sono esempi di doti coloristiche di una personalità
particolarmente sensibile e capace di innestarsi in ricerche sulla luce
e colore fondate su analogie con la musica, tipiche dellorfismo
quando prelude allastrazione.
Il biancore della neve in Silenzio,
Montagne dinverno, quasi acceso dal bagliore rosaceo ha una schietta
evidenza di natura e sentimento. Lincanto di luce fredda dei paesaggi
fluviali, quasi uno stupore visto con uninclinazione malinconica
dellanimo, rende con profondo simbolismo lidea del silenzio.Poiché
le immagini di Pesco appartengono anche al linguaggio della comunicazione,
nei suoi discorsi lartista condensa un senso della vita e della
natura usando lo spazio come zona di contemplazione.
Quando egli perviene a sfiducia
del sensibile e della fedeltà ottica per affidarsi allinteriorità
soggettiva, persuaso della vita autonoma delle forme, fa rinascere lo
spazio denso del sogno. Il foglio si trasforma, diventa campo in cui
i segni acquistano un proprio essere, si riorganizzano, suggeriscono
movimenti, fanno testo.
"MOSTRE
E ARTISTI TREVIGIANI"
di Fausto Politino
A proposito della mostra di Giuseppe Pesco Luci e Colori a
Treviso, è prioritario chiedersi cosa vuol dire leggere
unopera quando non è riconducibile al paradigma del figurativo.
E certamente non sono figurativi alcuni dei suoi acquerelli: <<Confini,
Verso lignoto, Comunicabilità>>. Allora: leggere
come vedere, discernere, distinguere gli elementi i segni le forme i
piani di colore lintreccio delle linee nellambito del quadro.
Nello spazio pittorico che stiamo cercando di analizzare non esiste
limmediata identificazione iconica: la neve, lalbero, il
rustico, gli scorci di Treviso (i Buranelli, Porta Santi Qua-ranta),
che costituiscono buona parte della sua ricerca artistica, dove ci può
essere la tentazione del travaso emozionale, connivente il chiarismo
tonale, per la condivisione in quel sito urbano o naturale, della stessa
vicenda esistenziale. Pesco sembra volersi libe-rare dalla sindrome
del raccontare. Non cè racconto. Ci sono significanti non
significati. Vuole presentare. Vuole mostrare solo ed esclusivamente
pittura. Credo che lintenzione, ancora una volta, sia quella di
scompaginare il discorso sulla pittura. Andare oltre la sua compagine,
oltre il suo tradizionale territorio. E sufficiente ricordare
Kandinsky quando sostiene che lambito dellarte esclude quello
della natura. La prima, non essendo più subordinata alla seconda,
può fare a meno della struttura diacronica: il prima e il dopo
della narrazione; limpostazione prospettica nellopera tradizionale.
Ogni osservatore può tentare
la propria interpretazione fondata sulla lettura di percorsi diversi.
Lostentazione cromatica, la ridondanza grafica o la ragnatela
geo-metrizzante. Come in Confini, appunto.
Pesco: Luci e Colori,
Palazzo Scotti, Treviso. Fino al 20 aprile 2005.
"Acquerelli
di Giuseppe Pesco"
di Vittoria Magno
Disegno e colore a formare un
insieme di grande armonia. Così gli acquerelli di Giuseppe Pesco,
presente fino al 20 aprile 2005 con una personale a Palazzo Scotti.
Luminose visioni di una realtà che appare come trasfigurata nella
lievità compositiva. Nel paesaggio allargato come nei particolari,
nel delicato fulgore di una tavolozza che gioca con le mille sfumature
dei verdi, con le macchie e le marcature dei bruni, con la timida prepotenza
degli azzurri e con la preziosa varietà dei rosa aranciati. Per
descrivere luoghi sempre presenti nella quotidianità e proprio
per questo spesso privi di attenzione, ma riscoperti e sublimati dalla
sensibilità dellartista. Insieme a lacerti di memorie che
emergono da un ieri ormai lontano, poetici flash che ci aiutano a ricostruire
sensazioni e momenti emozionali vissuti o soltanto sognati, usando
lo spazio come zona di contemplazione.
Il Gazzettino, 20 aprile
2005
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